domenica 1 settembre 2013

Riuscirà DYLAN DOG, dopo essere sopravvissuto a centinaia di mostri, nel superare l'attuale CRISI del fumetto italiano?

                                                              IO TI SALVERO’! 

“ La sindrome della crocerossina nei confronti di DYLAN DOG”

Mario Uccella ed io non vogliamo offendere nessuno o essere offesi da qualcuno, ma ci ponevamo il problema che se per salvare un personaggio storico come DYLAN DOG bastasse fargli dare del “VOI” fascista alle persone, dotarsi di telefonino o qualunque cosa di minimamente ammiccante nei confronti di un pubblico molto giovane che non legge (SIGH!) più fumetti.
Questo post vorrebbe essere un appello a tutti gli appassionati, che per un semplice giorno potranno essere i supervisori e compilare la loro ricetta per rinnovare il famoso personaggio… Un po’ come se una ragazza innamorata di un tossicodipendente, convinta di poterlo salvare, diventi essa stessa una drogata.
Aspetto le vostre idee, non possono essere peggiori di quelle ufficiali che ho letto finora in Rete nei forum e nelle interviste dedicate.

1)          RICETTA A BASSO COSTO DI PINO RINALDI

Pino Rinaldi è la persona meno indicata per trovare soluzioni in merito, non avendo l’ottica bonelliana sul fumetto. Per me il fumetto non deve essere succube ad altri media, tipo film, telefilm e libri, essendo già esso uno di prima grandezza.
I personaggi della bonelli sono sempre simili a se stessi, a differenza di quelli americani che ogni quinquennio devono rinnovarsi, per il naturale ricambio tra le fila dei lettori. Da noi la collezione viene continuata fino alla morte del collezionista (di italica rimembranza: “O si fa Tex o si muore!”), magari senza nemmeno leggerli, solo per abitudine.
Se il personaggio non rimanesse sempre uguale a se stesso, il lettore ottuagenario potrebbe non riconoscerlo e non acquistare più l’albo. Oppure, indicandolo alla badante rumena o extracomunitaria, dirle “Vammi a comprare TEX!” e lei: “Ma com’è fatto?”, e riempiendosi gli occhi di lacrime, esclama: “Una camicia gialla (una polo) con blue-jeans, fazzoletto al collo nero e cappellaccio da bovaro!”, augurandosi che la povera donna non sbagli con SUPERMAN o l’UOMO-RAGNO.
Solo in una realtà alternativa mi verrebbe chiesto un parere per rinnovare il personaggio, e solo in questa realtà alternativa potrei rispondere in questo modo:
Basta con tutti i luoghi comuni e i clichè di un certo fumetto che ha fatto la propria epoca, ma che ora appare vecchio per non dire stantio… Il personaggio dovrebbe poter recitare come ogni essere umano. Sarebbe più facile identificarsi in un essere umano piuttosto che in un robot. La giustificazione che l’eroe ne ha viste tante dal non stupirsi più di nulla, suona di un’ingenuità narrativa degna degli anni sessanta/settanta. Oggi come oggi, nel XXI° secolo, con un pubblico svezzato  e smaliziato da film, telefilm e racconti vari, videogames sempre più realistici e violenti, non funzionerebbe…
Basta con “I MOSTRI SIAMO NOI”, problematica adolescenziale della generazione di Sclavi. Da allora sono passati troppi anni e troppi se ne vedono a tutte le ore in tv come in Rete.
Basta con la donna portata a letto immancabilmente a ogni numero. A parte trovarlo offensivo nei riguardi del gentil sesso, lui non avrebbe le “physique  du role”. Avesse le sembianze di Brad Pitt e di Robert Redford da giovane messe insieme, ci potrebbe anche stare, ma ha quelle di Rupert Everett, un belloccio manco troppo sexy e oltretutto gay dichiarato! Perciò o lo portiamo in una dimensione più umana o facciamo fare outing anche a DYD… almeno nel fumetto potremmo dimostrare di non avere pregiudizi sessuali, fornendo anche una spiegazione psicologica del bisogno compulsivo di portarsi a letto una donna per albo.
Basta con “GROUCHO” e le stupide spalle bonelliane, retaggio del fumetto italiano anni cinquanta. Mi piacerebbe farlo morire (nessuno piangerebbe, essendo un personaggio senza spessore), ma troverei più comodo fargli vincere un gratta e vinci da un paio di miliardi di sterline, tagliarsi i capelli ed i baffi per andare a vivere a New York e mettere su un musical di successo a Broadway e (perché no?) un giro d’escort  d’alto bordo, come risposta all’invidia mal celata nei confronti dell’eroe per le conquiste sin troppo facili.
Le storie sarebbero autoconclusive nei limiti di un solo albo, tranne casi rarissimi in cui si potrebbero spalmare su due albi, per raccontare davvero qualcosa in più e non solo per allungare il brodo.
Mostri realmente mostruosi, cattivissimi, con i quali far combattere il nostro eroe senza fargli perdere tempo in pallosissime discussioni che occupano pagine su pagine al solo scopo di raggiungere la foliazione minima. Basta con i doppi e tripli finali o i finali che non dicono niente, vecchi e abusati, o addirittura i finali lasciati all’interpretazione e al buon cuore dei lettori. Lettore che paga lo sceneggiatore per una storia che abbia, nel bene e nel male, un finale quale che sia.
Immaginatevi dal giornalaio con la copia dell’albo in mano a dire: “Tenga i cinquantadue centesimi di resto sui €2,90… manca il finale!
Basta col cattivo, parente stretto della persona che si rivolge al nostro eroe per coinvolgerlo nelle vicende narrate. Non se ne può più dai tempi di Caino ed Abele.
Un tizio che pretende di combattere gli incubi senza essere uno psicologo o psicoterapeuta, dovrebbe essere un po’ più prestante e coraggioso, non uno che per andare a comprare il giornale prende la macchina e lo stenderesti a terra con uno starnuto.
Se fossi il supervisore di DYD, in una realtà alternativa, apporterei i cambiamenti suddetti non già alla serie regolare, ma in un’altra, dal titolo improbabile di: ”DYLAN DOG altrimenti…”, forse con periodicità trimestrale come una sorta di “WHAT IF” o “ELSEWORLDS” . Una collana in cui si testerebbe il gradimento del lettore sui cambiamenti e non per proporre la solita sbobba con il personaggio che ripropone se stesso in ambiti e spazi temporali diversi. Si potrebbe avere un personaggio completamente rinnovato senza colpo ferire, “altrimenti” si chiude.
Partirei con l’apertura della sua agenzia investigativa, magari scopriremmo che Dog è uno pseudonimo usato invece del cognome vero, scaturito dal suo innegabile fiuto per mettersi nei guai e scovare presenze inquietanti… Il vero cognome sarà una sorta d’inside-joke, che non scopriremo mai, un po’ come il nome di battesimo del tenente Colombo o quello del commissario Maigret che George Simenon rivelò solo moltissimi anni dopo i suoi primi romanzi di successo.
Dylan imparerà a diventare investigatore dell’incubo sbagliando e sperimentando sulla sua pelle il fallimento. Lo vedrei abbandonato da una ex (moglie o fidanzata, fate vobis) per non riuscire, nei primi tempi della loro breve unione, a portare uno stipendio adeguato per vivere. Forse i soldi li farà e forse no, ma con il tempo (quando la “scassapalle” se ne sarà andata), riuscendo a risolvere casi per ricchi clienti. Nessuno esclude che l’ex moglie o fidanzata, possa tornare per avere il ben servito dal nostro.
Niente ex poliziotto, ex alcolista o situazioni trite e ritrite. Avrei anche un’idea sulle sue origini, ma non vorrei fare dello spoiler. Niente poliziotti vicini alla pensione che gli passano informazioni, in funzione di “DEUS EX MACHINA”, usato abbondantemente dal teatro greco.
In questa serie “ALTRIMENTI…” perfezionerei di più la parte grafica, dalle copertine poco evocative per una serie horror, al non accostare disegnatori troppo simili tra loro, e prediligendo una gabbia più articolata a quella canonica della Bonelli. Articolata ma non confusionaria, come qualche disinformato crede.

Con affetto dal Vs. simpatico Pino Rinaldi di quartiere di una realtà alternativa.

2)    RICETTA D'ALTA CLASSE DI MARIO UCCELLA:

Partiamo da un presupposto.
Dylan Dog (d’ora in avanti DYD) quando uscì ebbe l’effetto di una bomba atomica gettata in uno stagno, quello del fumetto italiano, sino allora vittima, si diceva, dell’ennesima crisi d’idee e nuovi personaggi. Certo, vi era stato l’esperimento “Orient Express”, rivista per la quale la banda orchestrata da Luigi Bernardi aveva cercato di mettere insieme idee per nuovi personaggi, “rigorosamente forti, con sapore” come recitava uno dei loro ultimi articoli. Solo il sommo Magnus era riuscito nell’intento, resuscitando il suo Sconosciuto, e dando nuova linfa a un filone ormai secco. Persino lo stesso Ken Parker pareva destinato a vivere tra quelle pagine una seconda giovinezza dopo i successi più di critica che di pubblico, e invece…
In più, l’horror non era mai stato sino a quel momento un genere popolare né capace di vendere migliaia di copie. Figuriamoci essere protagonista di un prodotto seriale. Bonelli invece, spinto dal successo arriso alla creatura di Alfredo Castelli, volle provare. E, come gli capitava in quel periodo, seppe trasformare l’idea in oro.
Dopo, tutto fu diverso, tutti vollero la loro libbra di carne e cercarono di imitarlo, senza riuscirvi. Nemmeno lo stesso editore, forse, si aspettava un successo del genere, tant’è che vi arrivò abbastanza impreparato e fu costretto a correre ai ripari, ristampando il primo albo a poche settimane dalla sua uscita.
Chi scrive è uno di quelli che leggeva allora ogni nuova proposta proveniente da via Buonarroti, felice possessore del “mitico” numero 1, rivenduto senza rimpianti anni dopo a un prezzo che qualcuno di voi considererebbe folle. Uno di quelli che si appassionò al personaggio sino alla sua venticinquesima uscita, salvo poi abbandonarlo quando cominciò a rendersi conto che persino il “rivoluzionario” personaggio creato da Tiziano Sclavi soffriva dell’inevitabile sindrome da successo che pare avvolgere tutti i personaggi dell’ex Daim Press, da un certo punto in avanti, esaurita: il sedersi sugli allori, il non voler scontentare il pubblico affezionato e collezionista, quello che ti segue per anni o addirittura decenni, incapace di apprezzare i cambiamenti profondi nel modo di essere e di comportarsi degli eroi bonelliani. Al pari di Ken Parker, DYD portò avanti un discorso di rottura, conquistando in breve tempo un pubblico affezionato composto (caso più unico che raro) da lettori maschi e femmine, con queste ultime addirittura per qualche tempo in numero maggiore dei primi anche a causa dell’aspetto dell’eroe, ricalcato sulle fattezze del bello e dannato Rupert Everett, scopertosi poi anni dopo essere addirittura gay. Altro che tombeur de femme! Forse la rivoluzione maggiore Bonelli l’avrebbe fatta assegnando al nostro il primo caso di outing della storia del fumetto, rivelandoci magari che la sua convivenza more-uxorio con il sosia di Groucho Marx non era tanto casuale e gettando ombre rosa sulle altre coppie di fatto storiche della casa editrice, da Tex e Carson, Zagor e Cico, Martin Mystére e Java e via andare…
La crisi generale in cui viviamo non poteva lasciare indifferenti le case editrici nostrane, da anni impegnate in una lotta per la sopravvivenza editoriale che ha già lasciato sul terreno molte vittime, anche innocenti. Ecco perché, anche per la diffusione di certe notizie non confermate, come un crollo verticale nelle vendite per tutte le collane bonelliane, che aveva già costretto l’editrice a diradare le uscite di serie come Martin Mystére e Magico Vento, chiuderne altre e cederle in sub-appalto, come Nick Raider e persino (orrore!) il “figlio putativo” del patron Sergio, Mister No, fatto salvo Tex che è un fenomeno paranormale trasmesso di generazione in generazione, da nonno a nipote et ultra, l’idea di Sclavi di riprendere in mano la sua creatura per cercare di riportarlo agli antichi fasti, coinvolgendo le nuove generazioni di lettori, pare non aver colto nessuno di sorpresa. Immediatamente dopo l’annuncio, sono partite le speculazioni più assurde (chiude, non chiude, lo riscrivono da cima a fondo), come se fosse una cosa facile far ripartire un personaggio ormai consolidato nell’immaginario collettivo, in una sorta di ritorno alle origini, come uno dei periodici lifting a uso dei nuovi lettori ai quali ci hanno abituati i comic books anglosassoni, che ogni lustro devono rimettersi a nuovo per attrarre nuovo pubblico, spesso cambiando tutto per non cambiare nulla.
Rimane poi da dire che nel caso di specie (che può tranquillamente estendersi a tutti i prodotti della Bonelli) è difficilissimo accostarsi a un personaggio che ha dei cliché anche rigidi da rispettarsi per trovare il modo di raccontarlo in maniera nuova o comunque alternativa.
Come fare dunque per “rivoluzionare” Dylan Dog (e, per estensione, uno qualsiasi dei personaggi creati da Gianluigi e Sergio prima e dai loro validissimi collaboratori poi)?
Spesso può essere sufficiente una trovata alla Kevin Smith, quando lo scrittore e regista riportò in vita Oliver Queen/Freccia Verde con un semplice escamotage al quale sino ad allora nessuno aveva pensato (una particella elementare con sufficiente dna del personaggio si era letteralmente depositata sul costume di Hal Jordan, all’epoca il cattivissimo Parallax, e da questa il vecchio irascibile arciere fu riportato in vita clonandolo alla velocità della luce).
Non serve nemmeno portarlo nell’epoca moderna, cancellando la forma arcaica del “voi” con cui si rivolge ai comprimari delle sue storie, o facendogli usare un pc con un programma word in luogo della penna d’oca per fermare sulla carta i suoi pensieri. E poi, perché dovrebbe? Perché dovrebbe usare un telefonino e magari rinunciare a Groucho che nei momenti topici delle storie, lancia una pistola inevitabilmente scarica? Perché pensare che il suo non usare gli ammenicoli della tecnologia più recente lo faccia essere per forza sembrare un residuo d’altri tempi? Il comunicare via telefono a ghiera e non tramite facebook o whatsapp lo rende per forza impopolare o non è trasversale se preferisce costruire il suo galeone piuttosto che sconfiggere nerd in Rete attraverso l’uso di una consolle per videogiochi in 3D? Non guarda la tv e non si nutre di reality show, non legge manga giapponesi, non pontifica sul nulla nei forum, non assume atteggiamenti da superstar dell’orrore, dicendo al momento del suo arrivo sul luogo “Fermi tutti! Sono Dylan Dog, ci penso io”. Questo lo rende meno popolare? Sarebbe stato meglio se in luogo di Groucho ci fosse stato Gnaghi, il compare muto di Francesco Dellamore, prototipo mai realizzato sino in fondo dell’indagatore dell’incubo e che DYD avesse avuto le fattezze del ballerino spagnolo Antonio Gades in luogo di quelle che hanno contribuito al suo successo?
Fermo restando che DYD è una serie più “realistica”, comunque popolare, e deve gioco forza rivolgersi a un pubblico più vasto, ripartirei proprio da quest’ultimo aspetto: il lettore.
Che cosa vuole il lettore diciamo “medio” di DYD?
Vuole il terrore, vuole le storie di mostri, vuole appassionarsi alle gesta di vampiri, licantropi, serial killer efferati stile Jack lo squartatore ed emuli moderni, vuole che il sangue torni a scorrere copioso. Vuole il gore, lo splatter e magari qualche incursione in quello che sino a un paio d’anni fa poteva essere un filone alternativo e interessante chiamato “torture” o “gore” porn, rappresentato da film di genere come la saga di “Saw” e di “Hostel”. Vuole che DYD indaghi l’incubo in tutte le sue forme e, a giudicare da quello che si legge in Rete, anche nei forum, i lettori di lungo corso rimpiangono soprattutto storie come “Memorie dall’invisibile” o “Johnny Freak”. Non vuole discorsi tipo “i mostri siamo noi” ai quali Sclavi li ha abituati nel corso degli anni, complice la sua idiosincrasia per i rapporti interpersonali e con tutto il genere umano. I lettori di DYD sono cresciuti. Gli basta navigare la Rete per comprendere che tra le pagine di un fumetto si agitano mostri infinitamente più risibili di quelli che quotidianamente popolano il mondo reale.
Il cinema horror esiste sin dall’inizio della settima arte, con capolavori del cinema espressionistico come il “Nosferatu” di Murnau o “Il gabinetto del dottor Caligari”; esiste quindi un serbatoio sterminato di storie al quale attingere. Per non parlare della letteratura gotica, che ha in Lovecraft e Allan Poe due giganti. Dovendo immaginare un nuovo pantheon di nemici o incubi per DYD, mi rifarei ai maestri del cinema horror italiano degli anni Sessanta/Settanta, da Mario Bava a Dario Argento, che hanno ridefinito un genere per inventarne letteralmente un altro che, come i western di Sergio Leone, sarebbe stato poi ribattezzato “all’italiana”. Negli ultimi anni, si diceva del genere “torture porn”, filone estremo che ha spinto il pedale sull’effettaccio non necessariamente gratuito, film in cui il sangue scorre a fiumi e nei quali si è (volutamente?) azzerato o quasi l’introspezione psicologica dei personaggi, che ha filiato una serialità in genere nettamente inferiore ai film capostipite come il bellissimo “Martyrs”. Diversa invece la strada intrapresa oltreoceano dal musicista e regista Rob Zombie che dopo aver rivisitato il genere con “La casa dei mille corpi” e “La casa del diavolo” ha riscritto da cima a fondo la saga del Mike Myers,  efferato protagonista della serie “Halloween” di John Carpenter, senza tradirne lo spirito e approfondendo la psicologia dei protagonisti, cosa che nella trilogia originale forse mancava, rimanendo comunque fedele allo spirito irriverente del regista di “Distretto 13” e “Fuga da New York”. Pollice verso per gli esperimenti nostrani, laddove non si faccia riferimento al filone esoterico e misterico, infarcito anche di elementi horror, e letteralmente inventato da Pupi Avati con i fondamentali “Zeder” e “La casa dalle finestre che ridono” o, in misura minore, nel bellissimo sceneggiato televisivo “Voci notturne”, un racconto che non sfigurerebbe interpretato dai nostri Martin e Dylan...
Discorso a parte merita la trilogia diabolica argentiana, iniziata con “Suspiria” e “Inferno”, due capolavori assoluti, e conclusa nel peggiore dei modi con l’infame “La terza madre”.
Eliminerei l’elemento “arcinemesi”, il più cattivo dei cattivi, che in ogni albo e serie Bonelli DEVE per forza di cosa tornare ciclicamente a tormentare il protagonista. La cosa ha un suo senso nelle storie dei supereroi, dove il super villain è spesso la causa dell’esistenza dell’eroe e viceversa in un continuo gioco di specchi e di rimandi. Quindi addio a Xabaras, a Morgana, madre di DYD e alle implicazioni edipiche che comportano. Cercherei di creare un nuovo gruppo di nemici, diversi e che magari si rivelano più tosti del solito nell’essere eliminati, tipo una setta satanica o para-massonica (il Regno Unito è la patria della Massoneria), infiltrata sin nei più alti livelli istituzionali della monarchia costituzionale inglese e in grado di intralciare con modi “puliti” e altri no, il lavoro del nostro e che ritornasse periodicamente a intralciarne vita e lavoro. Ridurrei al minimo la parte “parlata”, vecchio e persistente punto dolente delle serie Bonelli, in favore di una maggiore dose d’azione. Le spiegazioni possono essere anche date dopo o non date affatto. Questo ridurrebbe le storie alla durata delle canoniche 94 pagine senza storie doppie che, a mio parere, finiscono per distrarre il lettore che vuole godere di un inizio e di una fine credibili e magari non da attendere un mese per sapere come va a finire. Farei in modo da impedire a DYD di portarsi a letto tutte le donne che sistematicamente bussano alla sua porta e lo renderei meno indigesto anche alle forze dell’ordine con Scotland Yard che in casi del tutto eccezionali, può ricorrere anche ai suoi servigi (l’utilizzo dei medium e/o dei sensitivi è accettato naturalmente nei casi di rapimento dalla polizia americana, perché DYD non potrebbe essere consultato dalla polizia londinese per i casi “insoliti”, alla stregua di uno Sherlock Holmes moderno?). Eliminerei i doppi e tripli finali, tipici di certi film horror scadenti e che ormai hanno fatto il loro tempo. Introdurrei il concetto di continuity, connettendo tutte le storie passate e presenti, facendo tornare personaggi ora dimenticati o accantonati, mal sfruttati o addirittura ridotte a figurine sullo sfondo. Farei in modo di eliminare lo schema “avvenimento delittuoso-personaggio che interpella DYD-intervento del nostro-spiegazione plausibile o meno dell’accaduto-lotta finale con redde rationem-finalissimo/doppio o triplo finale”, sul quale si basano TUTTE le serie Bonelli, nessuna esclusa. Farei in modo che si comprasse un cappotto o almeno un giubbotto con il quale coprirsi durante l’inverno e non mi dispiacerebbe vederlo in maniche di camicia in estate mentre scorazza con il maggiolino versione decapottabile per le campagne inglesi. Dopotutto abbiamo a che fare con un essere umano, una persona con gusti personali che possono cambiare nel tempo e chissà, spingerlo a cambiare persino look, tanto resterebbe DYD anche senza le Clark’s e la camicia rossa…
Groucho e Bloch sono personaggi che non eliminerei del tutto, anche perché protagonisti della serie sin dall’inizio, e a mio parere non sono stati sfruttati a fondo nelle loro potenzialità (ad esempio, ho sempre creduto che Groucho fosse un matto incontrato da DYD a un determinato momento della sua esistenza, quando l’eroe è finito in manicomio per motivi legati alla sua attività e che sia indispensabile al protagonista per tenerlo ancorato alla realtà, una sorta di zattera per la sua sanità mentale). A Bloch scrollerei di dosso la sua sindrome da dottor Watson e lo renderei magari un po’ più duro anche con il suo “old boy” che ha raggiunto da un bel po’ l’età dello svezzamento. Il poliziotto umano-troppo-umano che ne ha viste tante ma non abbastanza da necessitare sempre e comunque di una buona dose di antiemetici, ha fatto il suo tempo. Lo promuoverei e farei in modo di affiancare a DYD una squadra specializzata in mostri e affini, magari con a capo una figura femminile con la quale creare un perenne stato di tensione sessuale destinata a non sfociare mai in baci, carezze e sdolcinature da adolescenti. Un personaggio che sappia guadagnarsi le luci della ribalta senza necessariamente pestare i piedi al protagonista o magari in grado di generare uno spin-off all’americana per se stessa e i suoi colleghi, come hanno fatto Liz Sherman e i compagni di Hellboy, il personaggio creato da Mike Mignola. Una donna tosta, capace di stargli affianco senza subirne per forza di cose il fascino e capace in alcune occasioni di togliergli pure le castagne dal fuoco, magari a colpi di pistola.
Carica. Mario.

Ripeto il nostro è solo un gioco che non vuole essere offensivo verso nessuno... anzi è un atto di amore nei confronti del personaggio e della casa editrice che lo edita... sarebbe simpatico se anche altre persone dessero la loro ricetta personale... Grazie.

23 commenti:

  1. Guarda, 'sta cosa che Dylan Dog "campia" mi manda in crisi. Sembrerò "all'antica" al pari di mio papà che legge Tex dal primo numero (originale)e non se ne stanca mai, ma PER ME Dylan deve rimanere ESATTAMENTE COM'E'.
    Tanto i ragazzini non lo leggeranno comunque.
    E quelli della mia età, quelli "all'antica", i Bonelliani-addicted, magari smetteranno di comprarlo.

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    1. Grazie hai dato la tua ricetta... "per cambiare tutto, non bisogna cambiare nulla"... Era questo quello che volevo... aiutare i curatori del personaggio ad aggiustare il tiro del (non) rinnovamento...

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    2. Perdona, ma tuo padre ha il primo numero di TEX originale?... Quello a strisce?

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    3. CE L'AVEVA!
      L'aveva comprato da ragazzino, poi L'HA REGALATO, insieme ai sucessivi TOT numeri a strisce!
      Si sta ancora fustigando...
      Poi ha comprato le ristampe.

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    4. Se me lo presenterai, lo aiuterò a fustigarsi!

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  2. Ricetta di ANGELO LA ROSA:
    DyD dovrebbe tornare alle atmosfere dei primi 25-30 numeri. Ad un certo punto Bonelli spinse (forse mal consigliato) per un ridimensionamento delle immagini splatter e delle storie che si avvicinarono un pò di più al classico storytelling bonelliano al posto della stesura sgangherata che tanto piaceva a Umberto Eco (cioè si partiva con un soggetto di base costruendo la storia in maniera istintiva decidendo strada facendo la direzione che essa avrebbe preso) con il risultato di edulcorare il tutto. Ma è possibile tornare indietro? Purtroppo non possiamo saperlo perchè i lettori di oggi sono molto diversi e peggio ancora sono di meno e ciò non è una causa diretta del successo o meno di un personaggio ma della varietà di intrattenimento che i 15-20enni hanno oggi a loro disposizione soprattutto con l'avvento di internet. Una cosa è sicura: non leggerò mai una storia dove DyD usa il PC o ancora peggio il cellulare perchè il suo anacronismo è un aspetto della sua personalità da cui non si può prescindere, insomma una bella gatta da pelare per chi dovrà lavorarci.

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  3. La ricetta di ANTONIO RUSSO TANTARO:
    Se dipendesse da me, creerei dei nuovi comprimari, di cui uno fisso a sostituire Groucho. Magari un ficcanaso, uno svogliato, un mezzo imbroglione. Mi piacerebbe anche vedere dei cicli di storie lunghe più albi ogni tanto( giustamente decisi con anticipo) Maggiore continuity, maggiore splatter, un rinnovamento della griglia, meno rigida.

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  4. Ricetta di JACOPO GUALTIERI:
    Per me Dylan ha bisogno di una buona dose di Continuity e magari una struttura stile serie tv, con qualche caso o minaccia che si sviluppi in più numeri nello sfondo o in primo piano. Non dico che debba diventare Nathan Never (non puoi fare stravolgimenti eccessivi con Dylan che potresti con una serie di fantascienza) ma magari creare qualche comprimario che duri più di un albo.
    E parlando delle donne, proviamo anche a dargli una fidanzata, cercare di superare l'eredità di Bree Daniels
    e Morgana.

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  5. la ricetta di PIETRO ZERELLA:
    Hai detto Prospero....Premesso che molto é stato già detto da Pino e Mario, io credo che Dylan Dog debba fare un salto nel presente non tanto per gli strumenti tecnologici da utilizzare ma per la mentalità. Un pizzico di realismo in più non guasterebbe e le minacce da affrontare oltre che dal mondo dei mostri e degli spiriti dovrebbero arrivare anche dal mondo reale (che é pieno di mostri peggiori!). Dovrebbero sparire tutte le tappe obbligate che rendono ogni numero la fotocopia sbiadita del precedente... Il concetto di ragazza del mese ha ormai da tempo fatto il suo tempo e Block e Groucho ormai recitano sempre la stessa pagina del copione. La forza di una serie sta nel dotarsi di una rete di comprimari fissi coi quali interagire in maniera coerente, Dylan ne ha avuto qualcuno ma solo per un uso strumentale legato alle estemporanee esigenze narrative. Ne occorrono di nuovi che non siano consunti dall'uso e che abbiano una struttura forte e complessa. Il linguaggio dovrebbe essere riconsiderato profondamente(io non amo il gergo colorito ma é molto più realistico delle espressioni in voga 40 anni fa). Se mi fosse possibile, cercherei di "complicare" le storie, magari dando una doppia chiave di lettura, cercherei di ravanare nell'inconscio collettivo mondiale mettendo a contatto il nostro eroe con culture diverse (penso a tutto il mondo orrorifico dell'estremo oriente o delle Americhe). Darei un occhio anche alle serie tv più moderne, non solo quelle horror, che davvero rappresentano le cose migliori sulla piazza e aggiungerei qualche momento di azione in stile cinematografico.E vorrei qualche disegnatore "coraggioso" che rompesse la gabbia imponendo il suo stile e non subendo le leggi della Bonelli.
    Vorrei un personaggio eternamente "in fieri" senza risposte scritte sulla pietra.... Finalmente un tema sul quale si può tentare di dire qualcosa....Un sentito grazie a Mario e Pino!!

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  6. Per me dovrebbero fare disegnare le copertine ad Alex Ross, o simili maestri.

    Gerardo Ceglia.

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  7. La ricetta di Tito Rinaldi:
    Innanzi tutto non posso che convenire sull'eccessiva verbosità, quindi maggiore accento sull'azione. Secondariamente bisognerebbe concentrarsi su storie autoconclusive.
    Sono impressioni superficiali dovuti a scarsa frequentazione con i prodotti della Bonelli. L'impressione che mi ispira la maggiore casa editrice Italiana è di essere poco avvezza al rinnovamento... Essere immobili e pensare che lo zoccolo duro dei lettori ti premi sempre mi sembra una mera chimera. E i pochi numeri di Dylan che le mie esanimi casse mi permettono confermano questa opinione.

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  8. A quanto pare, la "mia" ricetta non è passata inosservata... Non che ci volesse poi molto a intuirli, i cambiamenti.
    http://fumettandoblog.altervista.org/dylan-dog-lispettore-bloch-va-pensione/

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  9. Premetto che non voglio offendere nessuno ma, per come la vedo io (e questo vale per quasi tutti i prodotti della bonelli) è che le storie hanno ormai detto tutto. Ciò su cui dovrebbero puntare è proprio sull'investire su nuovi autori. Il fantastico è un'universo sconfinato, che offre infinite possibilità. Sia per quanto riguarda nuove idee si se si prendendo dei classici e li si modifica a dovere.
    Il problema, però, è che non tutti lo sanno fare o non hanno l'ingegno necessario o, a causa del tempo, hanno esaurito le idee o hanno una mentalità ancorata al passato.
    Il continuo "ispirarsi" o "citare" è un chiaro segno che gli autori attuali non vanno più bene.
    L'eliminare personaggi non credo sia una strada giusta, poiché questo è un'arma a doppio taglio (si veda legs weaver), anche perché la bonelli, a differenza delle case americane, non hanno mai abituato a questi bruschi cambiamenti che, molto spesso, sono malvisti dai lettori con relative conseguenze. DYD è DYD, Così come Nathan Never è Nathan Never. Il background dei personaggi è stato costruito in maniera impeccabile e, per assurdo tutt'oggi è ancora valido, quello che non vanno, sono le storie in se che, possono andare bene per un lettore occasionale, ma sanno di "già visto" per il lettore abituale o di mera scopiazzatura per chi è amante del genere.

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  10. Sull'argomento si possono fare infinite ipotesi suggestive, tra le quali molte, valide. Ma secondo me il problema è che se il prodotto non è supportato da una altrettanto valida attività pubblicitaria, difficilmente reggerà l'urto che subisce e continuerà a subire dai nuovi media e passatempi che si vanno a mettere in concorrenza, e che prima non c'erano. Questi la pubblicità se la fanno! Se venisse investito qualche quattrino il risultato sarebbe fisiologico e non si tratterebbe di "elemosinare dagli altri media", perchè uno paga per il servizio che compra e che ottiene. Riuscire a vivere solo della propria creatività è cosa ardua anche a livello individuale, figuriamoci collettivo. Comunque, come ritenuto dagli esperti, la miglior forma di pubblicità non è quella comprata ma quella ottenuta gratuitamente dal fenomeno del passaparola. Nel caso in questione un modo per innescare un meccanismo atto a creare questo fenomeno potrebbe essere quello di indirizzare le vicende di DYD nella direzione di quei fatti realmente accaduti e che tanto appassionano il pubblico italiano quanto vengono seguite dagli altri media. Ci sono fatti delittuosi accaduti e che purtroppo continueranno ad accadere, in Italia come altrove, dei quali si sospettano origini occulte e non, che hanno una tale rilevanza mediatica tanto da favorire la prolificazione di film, show televisivi, libri, giornali e riviste, forum di discussione sul web.

    Il male non è Groucho, ne la gabbia bonelliana, ne lo stile dei disegnatori e, tanto meno, l'aspetto del protagonista.

    Pino, comprendo e condivido la tua etica, ma non so se concordi con me se affermo che il fumetto è un prodotto commerciale e basta, anche se per noi è una forma d'arte.

    Un abbraccio, Marco.

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    1. Io tanti anni fai la definii un' ARTE COMMERCIALE... ma questo non toglie che ci debba essere un'etica nell'espletarla... l'errore degli ultimi trenta/vent'anni è stato il giustificare il plagio col "citazionismo". Dire non è importante quel che racconti, ma come lo racconti è una bestemmia... io come tanti altri, tutta questa bravura non l'abbiamo rilevata. La minestrina riscaldata , dopo un po' va' a noia. Purtroppo i accorgo che non hanno capito la lezione. Grazie Marco

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    2. Pino, forse c'è un equivoco. Non mi riferivo al "citazionismo", che senz'altro è un problema o un errore come dici te, ma al fatto che questa arte commerciale non si avvale dell'utilità che può dare la pubblicità, mentre invece giochi e videogiochi lo fanno. Ossia la concorrenza lo fa e il fumetto no.
      Una volta mica c'era la concorrenza, mica c'era facebook, le pay tv, you tube, l'hi phone con le sue app, il tablet, la play station ecc ecc.
      Il fumetto italiano, a differenza di quello estero, non ricorrendo a investimenti pubblicitari non si oppone alla concorrenza delle nuove attrazioni rivolte al pubblico.
      Quelle rare volte che si è tentata la pubblicità il messaggio era:"c'è in edicola diabolik a colori". Ma dico io, volete mettere la star del momento con un fumetto in mano in modo che la cosa faccia tendenza come si fa con profumi, gioielli e abbigliamento? No chiedo, perchè sia chiaro, qua la gente pensa che i fumetti li leggono i dementi e chi ritiene questo sai quanto gliene frega che c'è in edicola il texone in offerta speciale.
      A conferma di quanto dico c'è l'evidenza certa di un dato di fatto: Dylan Dog a suo tempo fece successo perchè si è creato e innescato un meccanismo pubblicitario spontaneo tra il pubblico stesso che faceva il passaparola e diventò trendy dire di esserne un lettore.
      Certi criticomani invece di scagliarsi gli uni contro gli altri e tutti contro uno, dedicassero il loro tempo a convincere i rispettivi editori a mettere mano alla saccoccia per investire in pubblicità in modo opportuno e non becero come al solito, dopo di che ce lo potremo eventualmente raccontare che c'è la crisi.
      Chiaro adesso?
      Di nuovo. Marco.

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    3. Avevo capito che tu non ti riferivi al "citazionismo", ma io sì,
      Se il fumetto muore è anche a causa dell'abuso che se n'è fatto e che si continua a fare. Arrivano al punto di definirlo un "VALORE AGGIUNTO"... PAZZESCO!
      Per la pubblicità che dici tu, non ci sono i soldi... Se gli autori della Bonelli vengono pagati poco più degli statali quando sono veloci, gli altri editori invece pagano la "fame"... ti pare che pagherebbero la pubblicità che costerebbe almeno un centinaio di volte di più ?...Saranno trent'anni che se ne parla, ma conti alla mano, non rientrerebbero delle cifre sborsate. La gente dovrebbe conprare milioni di copie, o mettere un fumetto a costi da videogioco, ammesso che se lo comprino.

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    4. Valore aggiunto è solo quando su Topolino, ripeto Topolino quindi non uno qualunque, appare qualche personaggio della vita reale in stile pupazzato e con il nome storpiato in modo comico. Non è un caso che vengano prese queste iniziative da parte di chi cura il marketing di quell'editore, infatti ogni volta che ciò accade ne parlano i telegiornali facendo da cassa di risonanza pubblicitaria. Di altri tipi molto dannosi di citazionismo fai bene a parlarne tu che hai tanti argomenti per spiegare a cosa si va incontro.
      Da quando non disegno più fumetti frequento per lavoro anche gli studi Mediaset dove mi reco per dipingere o scolpire elementi scenografici. Trattandosi di una tv commerciale, vengo utilizzato anche per realizzare le scene degli spot. Vale a dire che le agenzie di pubblicità commissionano lavoro a Mediaset, LA QUALE LO ESEGUE CON I SUOI STESSI MEZZI E UOMINI.
      Ho scritto in maiuscolo perchè intendo comunicare che se all'interno di un albo a fumetti ci fossero inserti pubblicitari conto terzi, potrebbero essere realizzati "a fumetto" dagli stessi disegnatori, proprio come a Mediaset vengono realizzati dagli stessi scultori e pittori che solitamente si occupano delle scenografie.
      Una volta venduti gli spazi pubblicitari all'interno degli albi, quei soldi serviranno per comprare la pubblicità istituzionale, ossia quella che va in tv, in genere molto più costosa.
      Anche all'interno di videogiochi di tipo calcistico appaiono a bordo campo i cartelloni pubblicitari delle multinazionali. Pensa che esistono delle specialità sportive che interessano a quattro gatti, beh anche quelle vivono delle concessioni degli spazi pubblicitari venduti a piccoli e grossi sponsor. Solo i fumettari non hanno capito le potenzialità che hanno nelle mani, anche perchè un fumetto vende mediamente tanto quanto è il pubblico medio che affluisce allo stadio per una partita di calcio, solo che quella finisce, mentre un albo prima o poi verrà ceduto ad altri lettori che leggendolo vedranno nuovamente la pubblicità in esso contenuta, e per tanto avrebbe un buon peso contrattuale.

      Mica l'ho inventato io che con la piccola pubblicità ti paghi in tutto o in parte quella grossa, e che questo sarebbe bene fosse un obbiettivo.

      Ciao, Marco.

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    5. Lo si faceva anni fa. I lettori di fumetti sono tranne Bonelli 4.000 in media, ed ogni mese, non ogni settimana. Nel caso la pubblicità dovrebbe essere un aiuto non la soluzione. Se non c'è pubblico il prodotto è morto. In Bonelli solo Tex vende per continuare la collezione, senza essere nemmeno letto. Dylan Dog per ammissioni ufficiale perde 20.000 lettori all'anno, per non parlare del resto... In più si insiste col copia incolla per creare una storia, credendo che il pubblico, non veda tv. cinema e videogiochi...Un conto è citare(ospitare) una persona, una situazione, che non influisca nella storia, ma fa da ciliegina, un'altra è costruirla con plagi, e per tutti i numeri...

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  11. ...con plagi e per tutti i numeri? Se è vero questo e sono reali i dati numerici che riferisci non si dovrebbe parlare di salvataggio, perchè è già iniziato il processo di trapasso a miglior vita. Si dovrebbe casomai parlare di eutanasia e di eventuale resurrezione traendo esempio dagli errori fatti affinchè non vengano ripetuti.

    Te lo ricordi Zio Tibia? Schema semplice e funzionante anche per pubblicazione seriale, storie libere e autoconclusive sempre diverse, stile realistico dei disegni. Zio Tibia, compariva solo in fase di introduzione all'inizio dell'episodio, per cui non correva il rischio di annoiare nel ripetere sempre le medesime esclamazioni o attitudini. I disegnatori tendevano al realismo e alle atmosfere esternando una certa suggestione. Questa potrebbe essere un'indicazione di direzione per DYD.
    Attualmente viene accordata agli sceneggiatori la concessione di fare una specie di copia-incolla di film o di altri fumetti senza pensare che non è detto che questi abbiano avuto successo proprio per quell'elemento che viene citato e che il pubblico in virtù di questo concetto possa essere respinto. Non mi riferisco solo a DYD se affermo questo e nemmeno se dico che troppo spesso viene permesso ai disegnatori di semplificare il disegno, con la scusa dello stile moderno, fino a renderlo di comune fattibilità a chiunque prenda in mano una matita. Il disegno deve essere SPETTACOLARE, e non semplificato ai minimi termini e il disegnatore un mostro di bravura e di impegno, e non uno che tira a campare imitando, quindi citando, coloro i quali, in altre situazioni, abbiano deciso di sintetizzare il disegno laddove fosse stato per altri motivi opportuno. Alcuni impiegano giorni per finire una pagina e altri in un giorno ne fanno quattro, poi i fumetti muoiono e ognuno da la colpa al giornalaio, all'editore, al distributore, addirittura al lettore.

    Comunque, ogni disegnatore che si rispetti sarebbe capace di disegnare un protagonista che indossa un paio di Timberland o che si rade con un rasoio Bic mentre al polso porta un Seiko o entra in un Mc Donald scendendo da una Mercedes ultimo modello. E ogni editore sarebbe in grado di nominare gli sponsor sulla terza di copertina, in modo analogo a quanto avviene in TUTTI i film ai titoli di coda. A volte i film fanno 10000 euro di incasso, ma 10000 euro costa l'affitto di una location al giorno, senza contare 50 persone della troupe, 10 camion, le scene, i costumi, l'attore e l'attrice, 100 comparse, il regista ecc ecc...ma si noleggia di tutto che viene appunto elencato nei titoli di coda, ecco i soldi.

    Scusa se approfitto della tua ospitalità della quale ti ringrazio, ma capisci che non avrei voluto cambiare lavoro e mi affligge vedere il settore in crisi. Grazie delle risposte ti saluto ciao. Marco

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    1. Invece grazie per la simpatica conversazione... Se tu riuscissi a trovare simili sponsor, io li impegnerei immediatamente nelle mie prossime produzioni...

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    2. Sarebbe più funzionante e probabile che un professionista affermato di chiara fama nazionale come te si facesse ascoltare dagli editori e gli spiegasse con calma i concetti, nella speranza che questi affidino il compito di trovare gli sponsor alle persone preposte a farlo, considerando che nel cinema quando serve per esempio una cucina, non la si va a comprare per poi utilizzarla solo per un minuto di girato, ma si è soliti farsela prestare per un paio di giorni con la promessa di inquadrarla bene e di nominare l'azienda produttrice alla fine. Nel caso dei fumetti è già sufficiente disegnarla e poi nominarla alla fine. Basta poco che ce vo'.
      Hai un blog che è bellissimo e che è seguito sicuramente pure dagli addetti ai lavori, se consideri utili certi ragionamenti, avresti modo, se vuoi, di spiegarli da qua, anche se non rivolgendoti direttamente agli editori, ma a chi non ha ma i preso in considerazione una eventualità del genere, giusta o sbagliata che sia. Cioè, non è detto che per farlo tu debba necessariamente essere d'accordo con me che magari mi sbaglio. Intendevo solo comunicarti altre possibilità in uso altrove e diverse da quelle che fanno tutti quando ipotizzano eventuali cambiamenti dei personaggi sempre per il comune obbiettivo di sollecitare le vendite.

      Marco

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  12. Retorica... con l'editoria italiana dei fumetti è solo retorica,,, loro non ascoltano consigli... sono dei mostri sacri e reputano qualunque consiglio... inutile e proposto da chi è invidioso... di cosa, non si a, ma invidioso! Quando saranno costretti a chiudere, come sta avvenendo, noi che abbiamo implorato di prendere adeguati provvedimenti, siamo uccelli del malaugurio:GUFI!

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